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Il Giardino delle Esperidi

Prometeo

sabato 13 agosto 2011

Prometeo dice a se stesso:

" Udite piuttosto le miserie dei mortali,
 e quali bambini erano
avanti che li rendssi saggi con l'uso della ragione.
(...) Essi, prima, pur vedendo non vedevano,
pur udendo non udivano: simili a larve di sogni
passavano nel tempo una loro esistenza confusa
senza conoscere dimore di mattoni esposte al sole,
senza lavorare il legno; ma sotto la terra abitavano
come formiche che il vento disperde via,
in antri profondi non rallegrati dal sole.
Neppure conoscevano i segni costanti che presagiscono l'inverno
e il tripudio dei fiori a primavera
e quello dei frutti in estate;
ma agivano in tutto senza discernimento.
Finchè io additai loro il sorgere e il cadere degli astri,
tanto ardui a stabilire;
quindi per loro ritrovai la scienza dei numeri,
base di ogni dottrina e l'accoppiamento delle lettere,
che serba il ricordo di tutto ed è padre alle Muse.
Io per primo piegai al giogo le fiere selvagge,
affinchè schiave di cinti e di basti,
sostituissero l'uomo nei lavori più penosi
e sospinsi sotto il timone dei ciocchi i cavalli
docili al freno , ornamento di splendidi fasti;
Nessun altro, fuorch'io, inventò i veicoli dei marinai
che ali di lino fan scivolare sui mari.
(...)
Maggiore ancora sarà il tuo stupore quando udirai
le arti e gli espedienti che io ho escogitato.
E questo il più grande: se alcuno cadeva ammalato
non disponeva affatto di rimedi
nè cibo o in unguenti o in bevande,
ma si dissecchiva per mancanza di cure; finchè io
insegnai loro misture di medicine efficaci
che sgombrano ogni affezione.
Determinai le leggi dell'arte divinitoria.
per primo distinsi quali tra i sogni
dovessero realizzarsi e li feci attenti
alle voci indistinte e agli incontri fatti per via."

Eschilo, Prometeo incatenato, ne ''Le tragedie'', a cura di C. Carena, Torino, Einaiudi, pp 143-144.

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